Nel giorno dei morti, aridatece Caianiello

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Nel giorno dedicato ai morti (2 novembre), per associazione di idee ci passa per la mente la politica morta. Quella di casa nostra, da alcune settimane agitatissima in alcuni suoi comparti, pronta a minacciare sfracelli e, alla fine, ripiegata su se stessa, con il più classico dei nulla di fatto. Situazione paradossale che riguarda soprattutto Forza Italia, o quel che ne rimane. Con esponenti incazzatissimi sui social per la loro imposta marginalità, subito smentiti dai loro vertici locali, preoccupati di salvare il salvabile rispetto allo straripante alleato leghista, per concessione elettorale oggi nelle condizioni di fare il bello e il cattivo tempo in ogni dove degli apparati pubblici e istituzionali. Quindi, arbitro del destino dei berlusconiani. Al punto che il vice commissario provinciale di quest’ultimi, Giuseppe Taldone, dichiari per sudditanza al Carroccio di non essere interessato ai posti negli enti, ma alla loro corretta gestione. Figurarsi, in provincia di Varese Forza Italia ha fatto una vita a brigare per le poltrone e, ora che le ha perse tutte o quasi, vuol fare la figura della verginella. Da sbellicarsi dalle risate.

La verità è che i berluscones del Varesotto non hanno più un capo che imposti l’azione politica, picchi i pugni sui tavoli che contano e lavori per la pari dignità all’interno del centrodestra. Gliel’hanno tolto di mezzo i pubblici ministeri di Milano, accusandolo di gravi scorrettezze anche nell’assegnazione di quei posti che Taldone ora nega di volere. Certo, stiamo parlando di Nino Caianiello, il Mullah o, se preferite, Belzebù o, ancora, per i cronisti giudiziari milanesi, Jurassic Park. Insomma, i berlusconiani orfani di Caianiello, tramortiti dal suo arresto e dalla raffica di misure analoghe per altri soci della combriccola, non riescono a rialzare la testa. Impresa che per il commissario calato dall’alto, il senatore gentiluomo Giacomo Caliendo, appare impossibile quanto improbabile, proprio perché è un gentilluomo e per certe operazioni serve ben altra risolutezza.

A Gallarate i forzisti sono proni davanti al sindaco della Lega, che ha cacciato i due esponenti berlusconiani dalla giunta senza che nessuno del giro azzurro proferisse verbo o, meglio, provasse a far valere i numeri coi quali tengono in piedi o possono far cadere l’amministrazione. A Busto Arsizio, dove alcuni esponenti di Forza Italia fanno addirittura parte del cerchietto magico del primo cittadino, che oppone e dispone come gli pare e piace, in spregio agli equilibri e alla buona creanza politica. Anche qui, senza che nessuno, a cominciare dal commissario cittadino forzista Gigi Farioli, che replica l’incarico a Gallarate, tirasse fuori una delle sue proverbiali quanto antiche intemerate per contrastarlo. In Provincia, presidente lo stesso sindaco di Busto, dove Forza Italia si è autosospesa perché le è stato negato uno strapuntino (appunto, i posti), ma senza che si sappia quale sbocco abbia poi deciso, dato che partecipa come se nulla fosse a tutte le iniziative proposte dal presidente che in altre sedi contesta. Boh.

Situazione paradossale dicevamo, anzi, schizofrenica, dentro la quale ci sguazzano i leghisti, consapevoli di avere il gioco in mano, ai quali si accodano gli esponenti di Fratelli d’Italia pronti a dare il loro contributo per spolpare l’osso, cioè Forza Italia. Situazione che si avvia al voto tra un anno e mezzo senza particolari sussulti, che i morti, né quelli veri né gli altri che si fingono morti per poi papparsi alle urne tutto quello che c’è da pappare, non potranno né vorranno di certo rigenerare. Almeno per ora, nella vana speranza che compaia un altro Caianiello che recuperi un po’ di entusiasmo ai berlusconiani di Varese. Ma di Caianiello ce n’è uno solo, impedito per sempre dai suoi guai giudiziari a tornare in campo: politicamente morto. E per questa Forza Italia, senza più birra in corpo, il giorno dei defunti equivale a una sorta di de profundis che non ammette resurrezioni. Almeno fino a prova contraria.

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