Ospedale nuovo, Partito democratico vecchio

busto gallarate ospedale pd

La complessa questione dell’ospedale nuovo a Gallarate e Busto Arsizio, dove i rispettivi consigli comunali hanno approvato ieri sera, 28 settembre, l’accordo di programma con Regione e Asst Valle Olona, mette in luce il disagio del Partito democratico, incapace di fare sintesi al proprio interno e, per questo, su posizioni diverse nelle due città. A Gallarate, schierato contro il progetto ospedaliero; a Busto Arsizio, possibilista e, a una prima analisi, consapevole che la sanità territoriale richieda interventi che ne sviluppino efficienza e funzionalità.

Questo è emerso dagli interventi dei rappresentanti dem nelle due assemblee civiche in convocazione concomitante. E questo è accaduto ponendo un serio interrogativo sulle modalità di approccio a un problema enorme, epocale, per il Basso Varesotto come il futuro della sanità. Che Partito democratico abbiamo di fronte, alla vigilia del voto di domenica prossima che, dopo un congresso parcellizzato e giocato nei singoli circoli locali, rinnoverà i segretari cittadini e provinciale? Un Pd frammentato, anche su questo specifico tema, che, se non è il più importante, risulta certamente decisivo per l’area trainante dal punto di vista economico, produttivo e sociale del Varesotto e di una consistente parte dell’Alto Milanese.

Al netto di tale considerazione, il Pd cosa fa? Invece di coordinarsi, si divide. Ora, a Gallarate ha addirittura cercato di fare ostruzionismo, ponendo una pregiudiziale di principio sui contenuti di una vecchia mozione rispetto al merito dello stesso accordo di programma. Un no a prescindere che fa seguito ad alcune proposte alternative, addirittura bizzarre (“Costruiamo il nuovo nosocomio al Casermone di viale Milano”), a una adesione acritica verso una forviante petizione che, se la lingua italiana non è un’opinione, punta a realizzare non uno, ma tre ospedali e raccoglie migliaia di firme grazie alla confusione sintattica e alla leva emozionale sulla gente; e, ancora, un Pd che mette in campo una politica dilatoria, di scontro frontale con il Comune e la Regione, in questo sostenuto da suoi consiglieri al Pirellone, nonostante tutti gli operatori del settore, dai primari all’ultimo dei dipendenti dell’Asst, siano concordi nel ritenere l’ospedale unico una possibile, irrinunciabile soluzione ai molteplici disservizi, anche strutturali, del Sant’Antonio Abate. A Busto, dove il voto in consiglio, per scelta di opportunità politica e non per la sostanza, è stato di astensione, il Partito democratico, per bocca del suo capogruppo, ha dichiarato: “Noi siamo per un ospedale nuovo e unico (…). Proposte alternative non ce ne sono, quelle in campo sono tutte dispersive, rischiano di non rispondere alle esigenze di innovazione sanitaria”.

Dunque? E’ questo bustocco, secondo il nostro modesto parere, il modo di porsi rispetto all’intera vicenda, prendendo atto che non si può tornare indietro, che la macchina burocratica e amministrativa è avviata, che l’obiettivo è inoppugnabile: migliorare l’offerta sanitaria. Certo, le perplessità ci sono, eccome. C’è chi pone ancora dubbi (fuori tempo massimo) sulla localizzazione della futura struttura a Beata Giuliana, chi eccepisce sulla viabilità, chi sul numero dei posti letto, chi sul riutilizzo dei vecchi nosocomi (problema urbanistico di grande portata), chi, infine, pretende giustamente garanzie sull’assistenza e sulle cure ai cittadini, da qui al giorno in cui entrerà in funzione il previsto nosocomio, a Busto come a Gallarate (ci mancherebbe altro!).

Tutte questioni che non possono essere né minimizzate né, peggio, tralasciate. Ecco il punto: vigilare perché tutto funzioni e vada avanti con celerità. Il che non significa aderire sic et simpliciter alle decisioni della maggioranza di centrodestra, ma assumersi l’onere di controllore e, caso mai, fungere da sprone affinché l’iter prosegua spedito, senza intoppi e, soprattutto, senza i soliti, micidiali ritardi e, a volte, gli inghippi, che penalizzano le opere pubbliche in Italia. In ballo ci sono 450 milioni di euro: un partito responsabile se ne deve fare garante, non mettere in continuazione zeppe affinché nessuno faccia niente. Perché poi, a pagarne le spese sarebbero i cittadini.

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