I sindacati dal prefetto di Varese: «Settore artigiano a rischio occupazione»

VARESE – Nella mattina di oggi, venerdì 24 luglio, Cgil, Cisl e Uil di Varese hanno incontrato il prefetto Dario Caputo per esprimergli la loro forte preoccupazione riguardo all’occupazione nel settore artigiano della provincia. «Vista la gravissima situazione determinata da ritardi ingiustificati e non più spiegabili agli interessati, chiediamo un diretto e urgente intervento volto a consentire che le somme già stanziate e approvate dal decreto interministeriale n. 11 del 30 maggio vengano immediatamente e integralmente trasferite al Fondo di Solidarietà Alternativo per l’Artigianato».

In Lombardia 42mila domande di cassa integrazione

In Lombardia sono state protocollate 41.964 domande di cassa integrazione per Covid-19 riguardo a 158.265 lavoratori, e 127.735 ne sono stati beneficiari; secondo i dati risalenti al 27 maggio, in provincia di Varese ne sono stati interessati 7.404. In attuazione dell’articolo 3, comma 14 della legge 92/2012 e dell’articolo 27 del decreto legislativo 148/2015 dalle parti sociali è stato istituito un Fondo di Solidarietà Bilaterale alternativo per l’Artigianato (FSBA) che interviene ad assicurare a favore dei lavoratori una tutela reddituale in caso di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro per difficoltà aziendali: le integrazioni sono previste per un massimo di 156 giornate.

Ritardi intollerabili per imprese e lavoratori

Come hanno reso noto Stefania Filetti, Daniele Magon e Antonio Massafra, segretari generali rispettivamente di Cgil, Cisl e Uil, nonostante gli ingenti sforzi organizzativi sostenuti dal fondo, «troppi lavoratori e lavoratrici sono in attesa delle prestazioni relative alle mensilità di aprile, maggio e giugno»: ritardi intollerabili per imprese e lavoratori ai quali il fondo non offre più alcuno strumento di azione, avendo già anticipato tutte le risorse accumulate negli anni. «Nonostante il Governo abbia destinato risorse aggiuntive pari a 765 milioni nel decreto Rilancio di maggio – comunque insufficienti a coprire il fabbisogno – l’erogazione in tre tranche di tali risorse al Fondo ha causato il rallentamento dei pagamenti».

Un’azienda su cinque ha finito gli ammortizzatori sociali

«A oggi un’azienda su cinque ha finito gli ammortizzatori sociali e non ha più copertura di alcun tipo, tant’è che i consulenti che ci contattano propongono l’utilizzo di permessi non retribuiti all’alternativa dei licenziamenti che, in questo momento, non sono possibili». Cgil, Cisl e Uil, nel valutare gli effetti della grave crisi sanitaria Covid-19, ne hanno rilevato e denunciato i pesanti e negativi riflessi sociali sulle famiglie ed economici sul sistema produttivo artigiano, in provincia così come in regione e nel resto del Paese: per scongiurare e fronteggiare il rischio di una grave e insopportabile crisi occupazionale hanno chiesto al Governo di destinare ulteriori risorse straordinarie per gli ammortizzatori sociali a copertura di tutto il 2020.

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