Malpensa, ma quale boom. E’ crisi nera

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Giornalisti, quando e quanto si esagera. Basta leggere i titoli dei quotidiani e ascoltare le notizie dei Tg sul boom di Malpensa per toccare con mano come, a volte, si cerchi di drogare persino la realtà. Ma quale boom. Siamo in presenza di un mini affollamento pasquale, cominciato il 31 marzo per concludersi martedì prossimo. Una settimana di traffico con una previsione di 88mila passeggeri, ben al di sotto di un normale giorno di pre-Covid, quando nei due terminal della brughiera transitava una media di 100mila persone. Al giorno, non in una settimana, per altro di vacanze.

Vero, il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, all’avvio dei voli “Covid test” con gli Stati Uniti, ha parlato di “inizio della ripartenza”. Meglio sarebbe dire, una ripresina che fa ben sperare; ma la situazione dentro e attorno all’aeroporto è tutt’altro che rosea. I dati registrano una perdita secca dell’85 per cento di traffico rispetto all’ultimo periodo prima della pandemia. Un baratro al momento incolmabile, che la riattivazioni delle destinazioni internazionali da e per gli Usa di certo non risolvono: una cinquantina di passeggeri appena su aerei da centinaia di posti.

Per tornare a regime ci vorranno due, più facilmente tre anni dal momento in cui verrà dichiarata la fine dell’emergenza sanitaria. Nel frattempo, benché qualcosa si muova, sono in ambasce decine di migliaia di persone, il personale delle compagnie aeree, dei servizi, di tutto l’indotto. A fronte di alcuni vettori che tornano a volare, c’è un esercito di disoccupati, alcuni dei quali, come i dipendenti di Airitaly, con la lettera di licenziamento già in mano. Altri in attesa che si risolva l’impasse, altri ancora destinati a perdere il posto di lavoro una volta chiusa la possibilità di accedere agli ammortizzatori statali. Insomma, un disastro destinato ad aggravarsi, salvo colpi di scena positivi per ora nemmeno alle viste.

Sarebbe questo il boom di Malpensa? Alberghi chiusi, parcheggi esterni inattivi, catering, servizi e quant’altro giri attorno allo scalo fermo da un anno, oramai. Non vorremmo passare per Cassandre, ma lo scenario che ci si para davanti non depone per l’ottimismo. Dopo di che sarebbe interessante conoscere che cosa abbia in mente il governo per fronteggiare una simile situazione. Massimo Garavaglia non ne ha voluto parlare. Al di là di qualche presa di posizione, comunque degna di nota, di alcuni parlamentari locali in senso trasversale (Alfieri per il Pd, Tovaglieri e Bianchi per la Lega) non ricordiamo interventi mirati, che vadano a segno nelle stanze che contano. Dentro le quali la priorità è per la rovina di Alitalia, verso cui viene dirottato da anni un numero spropositato di euro pubblici.

A soffrire è un intero territorio, tra i più popolati e produttivi del Paese. Con l’aggravante che all’orizzonte riprende vigore la “guerra” con Linate, dove gli slot che Alitalia ha dovuto lasciare liberi per l’estate (e forse per sempre) fanno gola alle low cost oggi basate a Malpensa. Traduzione: traffico in meno in brughiera. Con tutte le conseguenze del caso. Fino al rischio di una bomba sociale pronta ad esplodere. Più che un boom, una deflagrazione dagli effetti incalcolabili.

Voli Covid-tested a Malpensa. Il ministro Garavaglia: «E’ l’inizio della ripartenza»

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