Assolto dopo aver insultato il sindaco di Gallarate. Il pm chiede l’appello

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GALLARATE – Non è finito il procedimento penale per il cittadino rumeno di 38 anni, assolto dal tribunale di Busto Arsizio dopo aver insultato pesantemente il sindaco Andrea Cassani e cinque agenti della polizia locale, apostrofandoli come «razzisti» davanti al municipio di Gallarate. Il pubblico ministero Flavia Salvatore ha impugnato la sentenza e nei giorni scorsi ha inoltrato domanda alla Corte di appello di Milano per riaprire il processo con il secondo grado di giudizio.

Gli insulti in piazza

Il nomade, disabile, il 26 settembre del 2017 diede vita a un ben poco edificante show in piazza, tanto che anche il sindaco decise di scendere dal suo ufficio per capire cosa stava accadendo. Al suo arrivo, anziché placarsi lo straniero degenerò. «Nazista, fascista, Comune di m…», pretendendo che gli venisse sostituita a spese del Comune la carrozzina a lui in uso. E poi ancora: «…, sei un razzista di …, sindaco di …, tutti i gallaratesi sono figli di …, bastardi, razzisti di …, voglio una carrozzina nuova, mi fate schifo». Parole non sufficienti per condannarlo a due mesi e 15 giorni di reclusione, come chiesto dalla procura, perché il giudice monocratico Roberto Falessi ha ritenuto non configurabili i reati di oltraggio a pubblico ufficiale e oltraggio a corpo amministrativo che gli erano stati contestati.

Impugnata la sentenza

Ma la procura non ci sta e vuole portare la vicenda davanti alla Corte di appello di Milano, così come aveva formalmente richiesto anche l’avvocato del Comune, Davide Brusatori. Il giudice di primo grado, motivando l’assoluzione, scrisse nella sentenza che «gli insulti rivolti agli interlocutori che con lui interagivano risultano essere parte dello spettacolo o della protesta, sfoghi poco lucidi e, in quanto tali, inoffensivi rispetto al prestigio e all’onore del corpo politico amministrativo rappresentato dall’amministrazione comunale». Ma l’avvocato di Palazzo Borghi non ci sta: «Gli insulti rivolti al sindaco non hanno nulla a che fare con la richiesta di aiuto di una persona che si troverebbe in stato di difficoltà, ma sono soltanto la manifestazione eclatante di un profondo livello di inciviltà e di maleducazione e, perciò, di una precisa volontà offensiva che merita di essere perseguita e sanzionata penalmente».

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