Centrodestra varesino in affanno, ma la colpa non è sempre degli altri

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Per il presidente di Villa Recalcati la cocente sconfitta del centrodestra varesino

Il mondo politico della provincia di Varese è alquanto fibrillato. Non una novità, se proprio vogliamo guardare al passato, ma pur sempre un contesto poco rasserenante rispetto alla mole delle questioni amministrative, sociali ed economiche da affrontare e risolvere.

Il risultato delle primarie a favore di Elly Schlein ha scompaginato gli equilibri interni del Partito democratico, determinando un quadro di riferimento foriero di imprevedibili sviluppi politici.  Se non fosse che dall’altra parte, a centrodestra, la situazione sembri peggiore e, in qualche modo, finisca per avere sbocchi impensabili fino a qualche tempo fa. Un esempio? Anzi, due. Il primo: la clamorosa sconfitta per il presidente di Villa Recalcati. Il secondo: le nomine in Ato, ente soltanto all’apparenza secondario ma che, invece, controlla il ciclo dell’acqua sul territorio e risulta decisivo a fronte di un servizio ineludibile come la gestione della rete idrica. Un ginepraio che va aggravandosi di giorno in giorno nonostante – qui il paradosso – gli elettori varesotti votino a destra. Ultimo caso, la consultazione regionale e la riconferma a mani basse di Attilio Fontana.

E allora? Lasciando per ora perdere i piddini, che rappresentano un caso a sé, nel centrodestra ciascuno sembra agire autonomamente, a seconda delle proprie esigenze e delle proprie velleità, cosicché, più che una coalizione coesa pare essere un’aggregazione di singole istanze, l’una contro l’altra. Per non dire dei rapporti interni ai partiti: non ce n’è uno, Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, persino il marginale Noi con l’Italia, dal quale non escano notizie di dissidi, intemperanze, primogeniture e, manco a dirlo, fughe in avanti rispetto alla linea collettiva. Quanto è accaduto in Provincia e in Ato è la conferma di ciò che stiamo sottolineando.

Il bello è che non sono soltanto le seconde fila della locale platea politica di centrodestra (quelle che nella Prima Repubblica avrebbero al massimo avuto il compito di attaccare i manifesti) a fare i capricci e a mettere zizzania, ma anche i colonnelli e i generali. In cima al gruppo c’è il sindaco di Busto Arsizio, Emanuele Antonelli, che pare incazzato duro col mondo e non fa nulla per non sembrarlo. Dal suo punto di vista potrebbe anche avere ragione: voleva l’elezione in Parlamento e gliel’hanno impedito; ha fatto il diavolo a quattro per candidare al Pirellone il suo pupillo Checco Lattuada, e l’hanno mortificato; l’hanno obbligato a ripresentarsi per la Provincia, e non è stato rieletto. Di più, raccontano che col suo collega di Gallarate nonché segretario della Lega, Andrea Cassani, il confronto sia contrassegnato da parecchi, reciproci vaffa. Per ricordare infine Fratelli d’Italia, il partito di Antonelli, dentro il quale il sindaco bustocco è diventato un problema. Capite che senza Busto Arsizio allineata con i soci della ditta, il centrodestra varesino si complica la vita. E le responsabilità non vanno ricercate soltanto a Palazzo Gilardoni.

Come uscirne? Soluzioni non se ne intravedono all’orizzonte. Bisognerebbe ribaltare il sistema, cambiando anche i protagonisti della trasmissione. Un’utopia anche per un altro motivo: non c’è nessuno pronto a sostituirli. Più semplicemente, al centrodestra varesino e non solo manca una vera leadership. Quella che c’è, seppure animata dai migliori propositi, deve ancora imparare a governare e a governarsi. Magari per impedire a certe striscianti lobby politiche di riaffacciarsi sulla scena, provando a rifare, come hanno potuto fare un volta, il bello e il cattivo tempo. Lobby abilissime nell’insinuarsi nei pertugi aperti dalla sprovvedutezza relazionale di chi si considera già un leader. Che invece non c’è: e questo è uno dei guai principali. Accanto al fatto che qualcuno dovrebbe cominciare a porsi qualche domanda: la colpa non è sempre degli altri.

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