Pronto soccorso sfasciato a Gallarate dopo suicidio: i primi testi confermano tutte le accuse

GALLARATE – Pronto soccorso sfasciato a Gallarate (con interruzione del pubblico servizio) dopo il suicidio di un famigliare: il processo entra nel vivo. E i primi quattro testi comparsi ieri, giovedì 2 dicembre, davanti al giudice del tribunale di Busto Arsizio Giulia Pulcina hanno confermato in toto le accuse. La Asst Valle Olona, rappresentata dall’avvocato Daniele Galati, si è costituita parte civile a tutela del proprio personale aggredito e dell’intera collettività. Il pronto soccorso del Sant’Antonio Abate quel giorno restò “fuori uso” dalle 14 alle 20. Dalle 16 le ambulanze in emergenza furono dirottate verso altre strutture. Mentre alcuni pazienti fragili furono spostati in altre sedi di cura.

I testi confermano le accuse

Tre gli imputati assistiti dall’avvocato Corrado Viazzo: alla sbarra ci sono la madre e i fratelli di Catello Di Martinomorto suicida il 22 gennaio del 2019 dopo essersi gettato dal quinto piano dell’ospedale di Gallarate. Le accuse contestate dal pubblico ministero Massimo De Filippo, che ha coordinato le indagini, spaziano dalla resistenza a pubblico ufficiale, all’interruzione di pubblico servizio, per arrivare al danneggiamento e alle lesioni personali. E ieri i primi quattro testi, i poliziotti che intervennero, un’infermiera che venne aggredita e il responsabile della struttura hanno tutti confermato il racconto dell’accaduto.

Codice bianco

Di Martino, gallaratese di 30 anni già seguito da Sert e Cps, che non presentava ferite evidenti o una situazione di gravità dovuta a particolari malori, fu messo in attesa dal personale del Pronto Soccorso. L’uomo, che ha continuato a dare in escandescenza, dopo ore d’attesa raggiunse il quinto piano della struttura di cura buttandosi nel vuoto.Un gesto volontario: il trentenne morì sul colpo. I famigliari, a cominciare dalla madre che è stata la prima ad arrivare all’ospedale, reagirono con violenza. Minacce, insulti e grida contro medici e infermieri. Danneggiando alcuni Pc dell’area Triage e sfondando alcune vetrate dopo aver sradicato le panche fissate al pavimento. Sul posto intervennero le forze di polizia per mettere in sicurezza pazienti e medici. Il 118 dirottò le emergenze in altre strutture: il pronto soccorso rimase chiuso per ore come detto. Va sottolineato come né i poliziotti aggrediti, né l’infermiera ascoltata oggi, abbiamo voluto costituirsi parte civile. Pur confermando ogni accusa hanno mostrato una straordinaria umanità nei confronti dell’accaduto. E degli imputati colpiti da un lutto gravissimo e che a loro volta hanno denunciato l’ospedale. La procura per quelle accuse ha chiesto l’archiviazione. Ma il giudice ha messo ben in chiaro che i due procedimenti sono distinti e che il secondo non debba entrare nel primo.

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