Il nuovo ospedale Busto/Gallarate? Costruiamolo a Golasecca

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L'area sul confine tra Busto Arsizio e Gallarate dove è ipotizzato il nuovo ospedale

L’ospedale nuovo in condominio tra Busto Arsizio e Gallarate? Facciamolo a Golasecca. E’ un’ipotesi come un’altra, un contributo di idee al dibattito che si è riaperto sulla prevista struttura sanitaria, lato gallaratese, dove il piddino Giovanni Pignataro ha proposto l’ex caserma dell’Aeronautica come sede del nosocomio in luogo della confinante e baricentrica area di Beata Giuliana, ma in territorio di Busto Arsizio, designata per l’apertura del cantiere. Pratiche già avviate, destinate a labirintici percorsi burocratici tanto che, da qui all’inaugurazione, sono programmati poco meno di dieci anni. E allora, qual è il senso di riaprire il confronto sulla localizzazione, ritardando di altri anni la posa della prima pietra, a fronte della necessità di sveltire le procedure? Un senso campanilistico, temiamo.

Il Pd si è sempre dichiarato contrario all’ospedale unico, puntando sul recupero funzionale e strutturale degli attuali due nosocomi. Ma in scia all’apertura dell’hub vaccinale e al progetto di trasformare il Casermone in un centro regionale per le emergenze pandemiche, coglie l’occasione per cambiare legittimamente la propria visione sull’argomento e intestare a Gallarate il futuro intervento sanitario. Trovando tra l’altro consensi trasversali tra i partiti. E’ il caso? Di chiacchiere vive la politica. Spesso anche di sciocchezze. Non che ipotizzare l’utilizzo del Casermone per ospitarvi un ospedale sia sbagliato, ma prima di uscire allo scoperto bisognerebbe valutare il contesto, e i tempi. E con il contesto e i tempi, le opportunità. A meno che lo scopo di certe prese di posizione nasconda finalità elettorali, di facile consenso rispetto a un’opinione pubblica che, su certi argomenti, è molto sensibile, pronta a schierarsi con chi le propone comodità sotto casa anche se a discapito di eccellenze curative che soltanto una moderna, efficiente e funzionale struttura può oggi garantire.

Tutti hanno il diritto di dire ciò che pensano o che ritengono giusto, ci mancherebbe; i politici hanno però in aggiunta il dovere di considerare le conseguenze e, appunto, i contesti. Alla luce di certe storiche rivalità territoriali, diventate anacronistiche e che presupporrebbero uno scatto qualitativo e culturale soprattutto della politica: insomma, bisognerebbe avere la capacità di andare oltre, di superare i confini dei propri orticelli. Specialmente se in gioco c’è la tutela della salute collettiva, che non ha bisogno di chiacchiere ma di pragmatismo e serietà, sinonimi di concretezza. Qualità che dovrebbe dimostrare in primis la Regione, committente e regista dell’operazione nuovo ospedale. In altri termini, presa una decisione, Palazzo Lombardia s’incarichi di pigiare sull’acceleratore delle procedure per evitare che il nuovo nosocomio si trasformi nell’ennesimo nulla di fatto pubblico. E i Comuni in gioco la smettano di mettere i bastoni tra le ruote. Perché, a pagarne le spese, sarebbero una volta di più i cittadini.

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