Ispettori ministeriali al Mottarone. Gli operai: «Non scaricate colpe su di noi»

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VERBANIA – E’ finito l’incontro calendarizzato per oggi, martedì primo giugno, in Procura a Verbania tra il consulente, il professore del Politecnico di Torino Giorgio Chiandussi, e gli inquirenti che indagano sull’incidente della funivia del Mottarone, in cui sono morte 14 persone. Un incontro che è servito a mettere nero su bianco alcuni elementi tecnici necessari per gli accertamenti irripetibili. Lo riporta l’Ansa.

Nuovo sopralluogo lunedì

Stando ai primi riscontri la rimozione della cabina 3 dal luogo della tragedia non potrà essere effettuata prima della prossima settimana. Un’attività che richiederà anche l’utilizzo di ditte specializzate. Alcuni accertamenti, comunque, dovranno essere effettuati senza rimuovere la cabina, mentre altri con la cabina rimossa.  Lunedì 7 giugno nuovo sopralluogo.

Commissione ministeriale sul posto

Oggi si è svolto anche il sopralluogo dei tecnici della commissione ministeriale che sta lavorando fianco a fianco con gli inquirenti. Che sarebbe stato istituita una commissione ad hoc lo aveva annunciato il ministro delle Infrastrutture e dei TrasportiEnrico Giovannini, il 24 maggio, quando, il giorno dopo la tragedia, Giovannini aveva raggiunto Stresa. Il gruppo di esperti della commissione ministeriale, nel corso del sopralluogo di questa mattina sul luogo del disastro della funivia del Mottarone, si è soffermato a scattare numerose immagini della cosiddetta “testa fusa”, il cuneo di piombo che aggancia la fune traente alla cabina, che si trova conficcato in un albero nei pressi del relitto della cabina numero 3. I tecnici al termine dell’ispezione hanno spruzzato uno spray che dovrebbe servire a preservare dal deterioramento i reperti in attesa dei cosiddetti “accertamenti irripetibili”.

Non scaricate la colpa sugli operai

«Noi operai siamo convinti che non c’entriamo nulla, dicono che ci dovevamo rifiutare di mettere i ceppi, ma noi prendiamo ordini dal caposervizio e nessuno si aspettava un pericolo del genere». Lo ha spiegato Emanuele Rossi all’Ansa un operatore della funivia del Mottarrone, che era in servizio quel 23 maggio e le cui dichiarazioni a verbale sono già agli atti dell’inchiesta e contenute nell’ordinanza del gip. Rossi ha aggiunto: «i ceppi, come ho spiegato agli inquirenti, erano su da 3 settimane». L’operatore ha detto inoltre di non poter sapere con certezza se il gestore Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio fossero a conoscenza dell’uso dei forchettoni da parte di Tadini per “bypassare il problema” ai freni di emergenza.

C’è una conferma alla versione di Tadini

«Non posso sapere – ha detto – io facevo il mio, io e i miei colleghi non possiamo addossarci la colpa, erano loro i responsabili non noi. Dicono che dovevamo rifiutarci di mettere i ceppi ma non sapevamo ci fosse un pericolo del genere». Il problema è stato «bypassato, tutti sapevano – ha aggiunto l’operatore della funivia – non si può scaricare la colpa sugli operai. Io ero tranquillo non pensavo a una pericolosità del genere. Il responsabile – ha aggiunto – era il caposervizio, se lui o l’ingegnere mi dice di fare qualcosa io la faccio». La posizione di Rossi, così come quella di tutti gli altri operai, è al vaglio della procura. Un solo dipendente ha confermato la versione di Taini asserendo che il caposervizio, attualmente ai domiciliari dopo la confessione, aveva discusso con Nerini e Perocchio: lui voleva fermare l’impianto, gli altri due no.

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