Varese, Bianchi ai militanti: «Noi leghisti vecchio stampo teniamo la barra dritta»

VARESE – Un po’ come la piena del fiume, del sacro fiume padano, il Po, ci sono poco presidio umano e tanti campi: sale, rompe gli argini, tracima e corre in mezzo al nulla finché ne ha. Poi l’acqua torna calma, ferma, e con lenta lucidità rientra nell’alveo. Non si ritira, come erroneamente si dice. E così è stato ieri sera (mercoledì 8 settembre) Matteo Bianchi, il deputato uscente con un livello di delusione tra i più alti in Italia per l’impossibile terzo posto al proporzionale della Camera durante l’incontro con con i militanti che lui stesso ha convocato. A sette giorni di distanza (non si può non sottolineare la differita) da quello che invece ha voluto il commissario provinciale Stefano Gualandris.

Dopo la rabbia la strategia

Dopo i giorni della rabbia, le acque avvelenate da una candidatura in posizione sfavorevole, tornano placide. Non immobili, ma chiare. Lucide. Come le parole di Bianchi in sede. Il deputato non nasconde l’amarezza (ma su questo si è già scritto fiumi parole); ma richiama «i leghisti, diciamo quelli vecchi stampo, a un ruolo di grande responsabilità: tenere la barra dritta in questa Lega che a volte sembra avere altra rotta da quella che riconosciamo come nostra». E ancora. «La risposta è esserci, a partire da domenica quando arriva Salvini. Perché siamo leghisti e in quanto tale dobbiamo continuare a lavorare per i nostri ideali e il nostro territorio».

Il documento per Salvini e Romeo

Come è tutto da vedere. Perché Bianchi rimette sul tavolo i conti crudi: alla fine, tra riduzione dei parlamentari e ruoli che i candidati eletti qui in provincia avranno a Roma, se va bene a fare da raccordo con il territorio ce ne sarà uno solo: Massimiliano Romeo. Sarà lui che con ogni probabilità si dovrà sobbarcare il difficile compito di essere presente tra la gente e gli imprenditori». Quindi, idea che arriva dalla militanza: «Prepariamo un documento programmatico, con pochi ma fondamentali temi che consegneremo a Salvini e Romeo impegnandoli a portarli avanti, perché la Lega, deve tornare a occuparsi dei problemi del Nord. In maniera concreta». Questo, in sintesi, quanto accaduto ieri nella sede del Garibaldino, dove i rari battibecchi che ci sono stati hanno solo confermato visioni e ambizioni, ma non sono rotolate giù dall’imponente scalone che porta al covo varesino del Carroccio e non sono arrivate in strade. Insomma fine della trasmissione. Ufficiale.

Il giorno dopo

Ma nei momenti caldi, a ogni riunione c’è una contro riunione. In genere il giorno dopo, tra chi non c’era (lo diciamo subito onde evitare di svegliare i cacciatori di talpe che sonnecchiano in ogni partito ndr), in un bar (non troppo di periferia) della Città Giardino. Ed lì che un paio di leghisti si scambiano informazioni e riflessioni (sulla base di quanto appreso) su ciò che è stato detto ed è rimasto impigliato nei silenzi dei venti (o poco meno) presenti ieri sera al Garibaldino.

Riportiamo qui sotto il dialogo tra due leghisti. Che è stato più o meno questo (abbiamo tralasciato espressioni colorite e dialetto).

Leghista 1 (Diamo un numero di copertura): «Bel democristiano il Bordo (Marco Bordonaro, commissario cittadino). Bravo. Ha lisciato il Matteo (Bianchi), ma mica ha affondato il colpo su come è stato trattato dal partito».

Leghista 2: «Si, ma cosa ti aspetti che faccia a due settimane delle elezioni. Equilibrio. Piuttosto, quella roba lì che siamo un partito nazionale mi fa girare…. Cos’è che ha detto il Bordo: “Siamo sempre la culla della Lega, ma non abbiamo più il primato?”. E nessuno si alzato a dire “bé”. Qua non è questione del Salvini e del Bianchi. Qua non s’incazza più nessuno».

Leghista 1: «L’abbiamo capito da come hanno fatto le liste e da come sono state digerite. Quanti ha detto che erano ieri sera?».

Leghista 2: «Il …. ha detto una ventina stando larghi».

Leghista 1: «Meno di venti? Vedi? Ma dove vuoi andare…».

Leghista 2: «Ma a preoccupare non sono tanto queste politiche, bensì le prossime regionali».

Leghista 1: «E mi han detto che il Matteo l’ha buttata lì. “Non possiamo fallire l’appuntamento”, ha detto. Ma non ho capito se voleva rafforzare la candidatura dell’Attilio (Fontana ndr) o iniziare a mettere lì la sua da consigliere. Non sarebbe mica sbagliato se ci pensi».

Leghista 2: «Ma sarebbe un casino. Anzi un risotto. A proposito domenica (11 settembre) c’è Salvini e la risottata. Ci vediamo là».