«Canzoni nate da una fantasia»: a Velate Acid Jack Flashed tra passato e presente

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VARESE – «Al Tower Pub di Velate, oltre agli estratti dai vari dischi, presenteremo sei o sette inediti. Ma non si può prevedere che cosa succederà quando poi partiranno le richieste»: così Jack ha parlato del concerto che, fissato per giovedì 21 marzo alle 20.45, lo vedrà esibirsi dal vivo nel duo chitarristico Acid Jack Flashed insieme a Daniele Danza. “The devil’s charm” è l’ultima fatica dell’artista varesino mentre proseguono i lavori per due suoi progetti, uno fatto di collaborazioni con altri musicisti e l’altro incentrato sulla figura del serial killer.

Nessun revival

“The devil’s charm” – ha spiegato Jack – è la ri-registrazione del mio terzo album, che avevo realizzato in casa con un quattro piste nell’agosto del 2000 e “pubblicato” in cassetta il mese dopo. Chiaramente il risultato era tecnicamente molto carente: io e Daniele abbiamo deciso di rifarlo da capo e pubblicarlo ufficialmente».
Quanto all’ispirazione per le canzoni e le influenze, «ai tempi scelsi quelle per cui avevo delle idee sull’arrangiamento. Ricordo che “Strange girl with sad eyes” si ispirava agli It’s a Beautiful Day, “I kidnapped Santa Klaus” ai Vandals e “The space lovers” ai 13th Floor Elevators. Poi mi vengono in mente Soft Machine, Blur, Tom Waits – che ai tempi era appena uscito con “Mule variations”Loudon Wainwright, Bob Dylan, gli Opposition e i Kulah Shaker, che erano al loro picco. Ma anche a gruppi locali: sono stato sempre visto come un musicista che si occupa di revival, ma in realtà ho sempre avuto un occhio al passato e uno al presente…e anche allora era così».

Serial killer immaginari e reali

Come ha raccontato Jack – il suo vero nome è Giacomo Premoli – dei nuovi pezzi in cantiere, «prima della pandemia stavo lavorando a un album in cui in ogni canzone mi avrebbe accompagnato un artista diverso. Ho già registrato in studio con Ropes of Sand, Pinkopallino Gangbang, Mr. Henry, Killerfreaks e i Rudi e stavo per portare altre due band, ma poi andò tutto all’aria e ancora non sono riuscito a riprendere questo progetto, che spero comunque di terminare prima o poi.
Un’altra cosa che ho in ballo è “A killer’s mind”, potrei definirlo un po’ “teatro canzone alla Gaber”: musica e monologhi alternati, ma a tema criminologico. Quattordici brani che parlano di un serial killer inventato da me, ma tutto ciò che fa richiama vicende realmente accadute. Ciascuno, oltre a essere un capitolo della storia, esplora un diverso aspetto del serial killer: la facciata rispettabile, la mancanza di empatia, la sfida alle autorità, il trauma infantile, il cooling off, etc…Nei concerti che ho dedicato a quest’altro progetto, che sono piaciuti molto e vorrei riproporre, tra una canzone e l’altra analizzavo le somiglianze tra il mio personaggio immaginario e i serial killer reali».

Concerti a tema, a richiesta e a dadi

Tra gli album pubblicati da Acid Jack Flashed, che ha iniziato a scrivere canzoni e a suonare come solista nel 1995 – sperimentando concerti a tema (“concept concerts”), a richiesta e a dadi – ci sono “Washing in dirty water”, nel 2013 per la Undermybed Records, e “Invisibile Men”, per Areasonica nel 2017. Passando da rock e punk a prog, ska e folk ha scritto più di mille brani senza mai scegliere un genere definitivamente. Nella sua attività live ha aperto per Ruth Gerson, Eric Andersen, Willie Nile, Buddy Miles, Duke Robillard, Rokes, Corvi, Pay, Cyborgs, Paolo Bonfanti, Davide Van De Sfroos, L’Avversario e Settegrani.
Tutto è iniziato con i Beatles: «Ero un bambino normale. Poi attorno al 1989 sentii “Eight days a week” sull’autoradio di mio padre e me la cantai in testa per un mese. Da lì a suonare il passo fu breve. Iniziai nel 1990, a tredici anni, e non ho mai smesso. L’ispirazione è qualcosa di volatile e imprevedibile. Può provenire da tante fonti, essere casuale come una frase detta da qualcuno, magari origliata o qualcosa che sento alla radio…molte canzoni sono nate da una fantasia. Ad esempio nell’estate del 2000 ne avevo una ricorrente di essere in una casa isolata nei boschi all’alba, nella foschia estiva. Scrissi due o tre pezzi ambientandoli in questo “sogno”, tra cui “She tries”, presente in “Devil’s charm”. Poi creai un altro scenario e via così».

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