Provincia, il peso di una sconfitta e i rischi di una vittoria

C’è stato un momento in cui Emanuele Antonelli, l’uomo che da presidente della Provincia ha messo la firma sul risanamento dell’ente, che ha concesso il bis da sindaco a Busto con la sua lista personale primo partito in città al 20% e che ha messo sotto torchio i vertici “altissimi” del partito sostenendo fino alla fine la candidatura di Lattuada, ha pensato di poterle suonare a tutti. Quel tempo però, come sabbia in una clessidra ribaltata, granello dopo granello al momento si è esaurito. E alle provinciali per la prima volta il “Big Ben ha detto stop”. Così, anziché battere la grancassa per una vittoria conquistata contro tutto e contro tutti (il bis a Busto è andato più o meno così), questa volta il gigante è stato suonato da un abile “Davide”. Uscendo nero di rabbia, che rode ma non esplode. E per questo logora.

Diciamolo subito: non ci appassiona la “caccia” ai grandi elettori traditori che gli uomini più vicini all’ex presidente della Provincia hanno messo in atto (anche in Fratelli d’Italia). Non ci appassiona perché il travaso di voti da Antonelli a Magrini è stato compensato da altri amministratori di area di centrosinistra che avevano qualche conto da regolare e hanno votato il bustocco. Quel che invece balza all’occhio sono due numeri, impietosi, di questo giro elettorale. Il primo, da non sottovalutare, quello degli amministratori che domenica 29 gennaio non è andato a votare: ben 523 su un corpo elettorale di 1.726 votanti. Insomma quasi un terzo tra sindaci e consiglieri comunali hanno deciso che né Magrini né Antonelli erano meritevoli della loro fiducia.

Ma veniamo al secondo dato: il risultato. Clamoroso per il trionfatore, ma anche per chi è uscito sconfitto. E qui il numero su cui riflettere non è la forbice che ha permesso al civico di ribaltare il Golia della politica (6 mila preferenze, voto più voto meno), ma i 10 mila voti persi dal centrodestra rispetto all’ultima elezioni del consiglio provinciale. Ovvero nel 2021, non un secolo fa. L’alleanza partitica che ha sostenuto Antonelli (senza contare i civici) al momento di rinnovare il consiglio incassò 46.696 voti ponderati. Domenica, con in campo solo la faccia del presidente, i voti di centrodestra sono stati 36.751. Un calo verticale indice, in parte, da come i partiti hanno affrontato la sfida. La conferma arriva dalle dichiarazioni del giorno dopo dei capitani provinciali: nessuno si è stracciato le vesti, poiché in fondo il bis di Antonelli non scaldava neppure i lori cuori. Forse nemmeno quello del candidato, se dobbiamo dirla tutta.

Ma il flop di voti, essendo sfida secca, per la maggior parte va imputata al candidato. Candidato che ebbe modo di mettere tutti in guardia. E qui sta il nocciolo politico della questione. Ci spieghiamo meglio. Emanuele Antonelli non è esattamente un signor nessuno: è sindaco di Busto al secondo mandato, era il presidente in carica, ha in tasca la tessera di Fratelli d’Italia, partito che non sta ciccando un appuntamento e che esprime il capo del Governo, Giorgia Meloni, capace di vincere anche gli scetticismi iniziali. Insomma, era alla guida di una Ferrari che però ha portato a schiantarsi.

La sconfitta inferta da Magrini sarà di secondo livello per sistema elettorale, ma di primissimo piano dal punto di vista politico. Siamo infatti quasi certi che se fosse andata in altro modo, Emanuele Antonelli l’avrebbe usata contro la sinistra e se la sarebbe intestata “in barba” ai suoi partiti. Invece la realtà dice che quella del bustocco è la prima grande sconfitta dei Fratelli: anche perché il partito ha chiesto al sindaco di Busto di mantenere la bandiera sull’unica provincia lombarda meloniana. In più la debacle provinciale arriva dopo il “niet” a una sua candidatura alle politiche scorse e dopo il “pacco” Lattuada che il suo stesso partito gli ha confezionato: per l’amministratore locale più in vista dei Fratelli, e considerato la punta di diamante, non butta bene. Forse andrà anche peggio, visto che con il suo “grazie” ai soli consiglieri provinciali e al fido Tallarida (per altro di Forza Italia), Antonelli ha di fatto preso le distanze dai segretari provinciali del centrodestra.

E ora cosa cambia in Provincia? Nei corridoi di Villa Recalcati non sono pochi quelli che sperano cambi prima di tutto il clima. Quel che è certo è che Marco Magrini con la vittoria si è affisso al petto un’altra medaglia: quella di chi sa tracciare una rotta in questa politica così liquida da far annegare in un bicchiere d’acqua l’armata di centrodestra e mettere in fila il centrosinistra. L’uomo delle Valli sa che davanti a lui c’è una salita, ma sa anche di avere le armi per renderla meno ripida. Il presidente, nelle more della Delrio, ha margini per governare l’ente anche con una maggioranza sghemba, perché dalla sua ha i sindaci. E se davvero Magrini saprà coinvolgerli, dopo che Antonelli li ha snobbati, bisognerà vedere quale dei consiglieri di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia avrà il coraggio di mettersi di traverso per questioni elettorali che, francamente, a chi amministra i Comuni interessano poco.