Consumo di suolo, in provincia nessuno peggio di Busto. Legambiente: «Ora basta»

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BUSTO ARSIZIO – Dopo essere rientrata tra le città più inquinate d’Europa, Busto Arsizio registra un altro triste primato: quello del consumo di suolo vergine. A rivelarlo è un’indagine del Centro di Ricerca Europeo dell’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) che ha mostrato come nel 2020 in città si siano consumati 1524,1 ettari di terreno vergine, il numero più elevato in tutta la provincia di Varese.

Tanto cemento, pochi alberi

Un record per la Lombardia, per la provincia di Varese e per la città di Busto Arsizio. Ma purtroppo un record in negativo. Stiamo parlando dell’indice di consumo di suolo, ovvero la quantità di terreno vergine delle città che, invece di essere lasciato al verde, viene utilizzato per costruire edifici, case e strutture pubbliche. Il rapporto del 2021 dell’Ispra ha messo in evidenza dati allarmanti su tutta l’Italia, mostrando che i dati del 2019-2020 confermano la criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, a discapito delle aree agricole e naturali.

Triste primato

La regione più critica in tutto il paese è proprio la Lombardia che ha registrato una percentuale di consumo del 12,08%, su una media nazionale del 7,1%, con un aumento rispetto allo scorso anno di 765,45 ettari consumati. Scendendo più nello specifico in Lombardia la provincia di Varese è al terzo posto, con una percentuale del 21% di suolo consumato, preceduta solo da Monza e Brianza, che vincono l’oro con il 40,6% e Milano con il 31%.

Busto in testa

A preoccupare di più gli ambientalisti, come i volontari di Legambiente Busto, è però proprio il dato relativo alla città che ha registrato il maggior numero di ettari consumati nel 2020 in tutta la Provincia: 1524,1. Una percentuale del 49,7% e un aumento percentuale del 2,02% rispetto all’anno scorso. «Sono dati davvero preoccupanti, perché le aree verdi, come ben sappiamo sono indispensabili non solo per il nostro ecosistema, ma per la vita umana, soprattutto nelle aree urbane», denuncia la presidentessa del circolo di Legambiente a Busto, Paola Gandini.

Ospedale e campo di padel

Che ragiona poi sui passi successivi dell’amministrazione Antonelli, non particolarmente in linea con le considerazioni emerse dal rapporto dell’Ispra. «A fronte di questi dati la giunta ha annunciato di voler realizzare un campo di padel e da calcetto nella zona industriale, in uno spazio che è tra le altre cose una sorta di cuscinetto al confine con lo spazio dove le persone fanno sport e quindi secondo me sarebbe stato meglio lasciare quell’area verde».

La stessa critica giunge anche in relazione all’ospedale unico, di cui tanto si discute, e che gli ambientalisti criticano proprio per la posizione, nella zona della Cascina dei Poveri a Beata Giuliana. «Si tratta di un’area verde molto ricca anche dal punto della biodiversità che verrà quindi distrutta, se non fortemente compromessa, dalla costruzione della struttura. Ci chiediamo perché, con tutte le zone dismesse che abbiamo nella nostra città non si possa cercare di recuperare quelle, invece di consumare ancora suolo vergine. Come hanno fatto in via Palestro, dove la costruzione del Famila ha portato via molti alberi che ancora non sono stati ripiantumati».

Il mondo brucia e noi costruiamo

«Insomma – conclude Gandini – anche se il progetto di rigenerazione urbana nell’area nord sembra molto promettente, mi sembra che i dati del rapporto Ispra mostrino un vero e proprio fallimento nei piani delle opere di compensazione, perché qui a Busto si continua a costruire, ma non a piantare e il risultato lo si vede in questo studio autorevole, che nessuno può confutare. Il mondo brucia e qui si abbattono alberi», conclude Gandini in attesa dell’imminente approvazione del Pgt in consiglio comunale in cui si vedrà quale direzione vorrà prendere l’amministrazione.

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