Sul palco dei Giardini Estensi l’esperanto della Protezione civile di Zamberletti

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VARESE – «Con la Protezione civile Giuseppe Zamberletti ha ideato un modello da esportare, insegnando agli uomini in uniforme a slacciarsi due bottoni – senza perdere l’identità – a favore del dialogo per affrontare l’emergenza. È stato l’espressione migliore del nostro Paese». Così Lorenzo Alessandrini, funzionario del Dipartimento, ha ricordato oggi, domenica 23 maggio, la sua eredità alla presentazione ai Giardini Estensi di “La luna sulle ali”, libro realizzato con il giornalista Gianni Spartà e dedicato al parlamentare di Varese. «Il ministro Giancarlo Giorgetti ha visto in lui la concretezza dell’uomo lombardo», ha dichiarato il sindaco Davide Galimberti, «a cui io aggiungerei uno stile varesino».

Politici e tecnici

L’incontro, che ha visto nel pubblico rappresentanti delle istituzioni, tra cui il presidente di Region Lombardia Attilio Fontana e il candidato sindaco Roberto Maroni, e delle forze dell’ordine, si è aperto nel ricordo della figura di Giovanni Falcone, nonché di Ciro Grassia e Giovanni Pierantozzi, recentementi scomparsi. «Zamberletti si può definire l’uomo di Stato per eccellenza. Varese deve esserne onorata», ha risposto Galimberti a Roberto Pacchetti, condirettore dei Tg regionali Rai. «In questo momento storico si vedono tanti tecnici che passano alla politica, lui ha invece compiuto il percorso opposto. È stato un politico tradizionale che, dopo aver seguito l’ordine delle varie cariche, è diventato un tecnico. Nel fare tutto ciò ha manifestato coraggio, tradotto in un grande concretezza, e una grande capacità di ascolto di ciò che il territorio voleva. Quando parlavo con lui amava ricordare le opere realizzate da consigliere comunale, come la linea di autobus di collegamento a Bregazzana e il campo sportivo al Sacro Monte. In lui riconosco un aspetto tipico di Varese: la voglia di fare e di raggiungere l’obiettivo».

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Il padre e lo zio della Protezione civile

«Se Zamberletti è stato il padre della moderna Protezione civile, Salvatore Furia se ne può a buon diritto considerare lo zio», ha commentato Spartà raccontando “la sfuriata” del dicembre 1974, in cui il fondatore dell’osservatorio del Campo dei Fiori, avvistando l’arrivo di un ciclone, rimproverò il primo di stare a giocare con i vigili del fuoco. «Ma poi diventarono amici. E alla loro collaborazione si devono i mille che non sono morti quando avvenne il terremoto in Valtellina, perché il senatore Dc riuscì a evacuare un paese». Il giornalista del quotidiano “La Prealpina”, non senza commozione, ha richiamato l’attenzione sul salvataggio nel 1979 dei barconi vietnamiti in fuga dalle rieducazioni comuniste: «In piena epoca della Guerra Fredda, con un atto che poteva risultare sgradita anche agli Stati Uniti, è stato capace di andare con tre navi da guerra fino al Mar Giallo per recuperarli: di questo il popolo italiano deve essere orgoglioso».

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La creazione di un linguaggio comune

L’uomo, il politico, il personaggio. Onorato con un funerale di Stato e, come ha sottolineato Alessandrini, capace di racchiudere entro di sè tanti mondi: «È stato anche un musicista e un giornalista mancato. Ma si è distinto per aver creato un “esperanto” che ha consentito di coordinare l’operatore forestale con l’assessore, così come il carabiniere con il marinaio». Se in passato il ruolo della Protezione civile si limitava ad arrivare sul luogo del disastro a curare le ferite e a contare i morti, per poi ricominciare, con Zamberletti la sua attività si è espansa a quattro fasi: «La previsione, cioè lo studio dei fenomeni naturali; la prevenzione, i piccoli e grandi gesti quotidiani per impedire le catastrofi; il soccorso e il superamento, la predisposizione di un “simulacro” della vita precedente, in vista della ricostruzione. Un sistema che all’inizio fu dileggiato da altri Paesi europei salvo poi trasformarsi, con il rodaggio e “l’esplosione” di Bertolaso, in meta di pellegrinaggio».

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Un segno nel Paese

Come sottolineato da Spartà, grazie alla sua capacità di dialogo con tutti Zamberletti, eletto sette volte, ricevette, attraverso il senatore Giuseppe Leoni, anche l’offerta del sostegno della Lega per le elezioni: «Non era un attaccabrighe né un intollerante. Come poi riconobbe, riguardo ai soccorsi portati in Friuli in seguito al terremoto, in quell’occasione l’aiuto maggiore gli giunse da Enrico Berlinguer invece che dalla Dc, all’epoca specializzata nel fuoco amico. E andava d’accordo anche con Giorgio Almirante, che gli disse: “Quando salgo quassù vedo in te l’Italia”». E le sue azioni non sono state dimenticate, come testimoniava lo sciame di persone riconoscenti che lo circondava quando tornava in Irpinia. «Fare qualcosa per Varese non è solo realizzare una rotonda o un edificio. Significa anche legare il proprio nome a qualcosa che ha lasciato un segno nel Paese: è stato un grande varesino, ma soprattutto un grande italiano».

Il libro di Spartà e il tributo del Senato a Giuseppe Zamberletti: «Grande italiano»

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