La Carta di Varese in un libro, eccellenza e memoria per il rilancio del territorio

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VARESE – Un punto d’unione tra arte, cultura e imprenditoria che dall’inizio del secolo scorso al 1939 ha reso Varese famosa nel mondo: la storia della Carta di Varese, eccellenza del territorio prodotta a mano e destinata a libri antichi e oggetti da scrittoio, è stata raccontata da Carla Tocchetti nel saggio “La Carta di Varese – Fascino e splendore” pubblicato da Macchione Editore. L’opera è stata presentata oggi, domenica 2 maggio, a Palazzo Estense alla presenza del sindaco Davide Galimberti; Gianni Spartà, giornalista del quotidiano “La Prealpina”, ha dialogato con la scrittrice, che firmato i libri “Il lavatoio racconta” e “Varese, la città che cambia”, ripercorrendo le vicende della carta decorata legata alla dinastia Ponti.

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Le signore Ponti

Come ha spiegato Tocchetti, decisivo nella genesi della Carta di Varese fu il ruolo di tre sorelle, figlie dell’industriale di Gallarate Andrea Ponti e di Virginia Pigna, da cui prese il nome il celebre Isolino del lago. Fu grazie ad Antonia, Ester e Maria – che rispettivamente sposarono il conte Gianforte Suardi, Luigi Esengrini e il conte Pier Desiderio Pasolini – e alla baronessa Remigia Spitaleri, moglie del loro fratello Ettore, che la carta decorata con stampe e colori del Varesotto riscosse un successo straordinario: dalle fiere internazionali di Bruxelles, Lipsia e Milano raggiunse gli Stati Uniti, diventando ambasciatrice delle capacita artigianali italiane. «Una storia, quella dell’imprenditoria locale, di solito narrata dal punto di vista maschile; in questo caso furono le signore Ponti, che ottennero gli antichi stampi in legno dall’antiquario Giuseppe Rizzi, a riavviare nel 1902 la produzione xilografica dei fogli».

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Consapevolezza e memoria

Durante l’incontro, introdotto da Francesco Spatola, presidente della commissione Cultura, si è parlato anche del rilancio di Varese attraverso i suoi punti di forza, e della memoria. Tocchetti, ricordando il restauro e recupero di diversi luoghi cittadini intrapreso dal Comune, ha auspicato anche nuove forme di rete tra i privati per portare avanti queste iniziative. «In Italia abbiamo un numero esagerato di musei, con i relativi problemi di gestione», ha osservato Galimberti. «Si tratta di temi che vanno affrontati con la consapevolezza delle possibilità a disposizione, specialmente in un’epoca in cui i piedi vanno tenuti ben piantati per terra. Varese ha pagine e pagine di storia da raccontare. Si può fare attraverso un percorso produttivo che riattivi una serie di spazi e attività, un recupero ben oltre il luogo fisico. Come nel caso dello stabile dell’Aermacchi, abbandonato da decenni: andrebbe ripensato in un’ottica di rigenerazione e memoria».

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Il marchio PSEP

L’idea di scrivere “La Carta di Varese – Fascino e splendore” è nata da “Varese 1902 – Storie di donne, storie di doni”, mostra curata da Tocchetti che nel dicembre 2019 si è tenuta al Battistero di Velate ed è stata ammirata dall’amico Maniglio Botti, storico giornalista della Prealpina scomparso un anno fa, a cui è dedicato il saggio. Il lavoro di ricerca compiuto per realizzare il libro è stato anche accompagnato da ritrovamenti preziosi dal punto di vista collezionistico: «La Carta di Varese non è quella con i gigli che viene usata per foderare i cassetti», ha ricordato l’autrice. «Ha solo scippato il nome all’originale, che su quasi tutti i fogli porta inciso il marchio PSEP (Ponti-Esengrini-Suardi-Pasolini). Considero questo prodotto, reso possibile grazie all’intelligenza e alla caparbietà delle sorelle Ponti uno dei simboli della varesinità. Due artiste che hanno esposto a Velate, Maria Teresa Gonzalez Ramirez e Carla Iacono l’hanno scelto per le loro creazioni».

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