Al processo Mensa dei poveri i “Non ricordo” di Pedroni contestati dal Pm

MILANO – Processo Mensa dei poveri: in aula oggi, lunedì 24 ottobre, l’ex manager di Prealpi Servizi srl Marcello Pedroni. In particolare l’accusa ha insistito sull’affidamento dell’incarico per l’impianto di trattamento fanghi (essiccatoio) da realizzare nel depuratore di Sant’Antonino.

Le contestazioni dell’accusa

marcello pedroni
Marcello Pedroni

Prealpi Servizi oggi è in liquidazione, all’epoca, secondo gli inquirenti era tra i “veicoli” di uno scambio di mazzette tra l’ex ras di Forza Italia in provincia di Varese Nino Caianiello (arrestato nel 2019, ha poi patteggiato a 4 anni e 10 mesi) e Diego Sozzani, deputato di Forza Italia. Pedroni, davanti ai giudici, però non ricordava. I «Non ricordo» sono stati molteplici tanto che il pubblico ministero Silvia Bornardi (insieme all’avvocato di parte civile Paolo Bossi) ha incalzato, per quasi l’intero esame, il teste assistito Pedroni a suon di contestazioni.

Non ero uomo di Caianiello

La sintesi, per l’accusa, è presto detta: Caianiello insisteva per l’affidamento dell’incarico per la realizzazione dell’essiccatore in questione ad un’azienda specifica che avrebbe poi retrocesso la tangente “dovuta” per aver ottenuto l’incarico. Sozzani fece due consulenze per un valore complessivo di 60mila euro per individuare l’azienda in questione. Per l’accusa un paravento visto che tutto sarebbe già stato preordinato. Di tutto questo, però, Pedroni (che ha già patteggiato a due anni), oggi in aula non ricordava quasi nulla. Fatta salva la sua volontà di affermare la propria autonomia nei confronti di Caianiello, quanto meno sul fronte Sozzani: «Non ero un suo uomo».

I soldi dei cittadini e il bar

La storia scritta dall’accusa è molto diversa e il pubblico ministero Bonardi, a fronte dell’ennesima non memoria di Pedroni su alcune riunione relative a Prealpi Servizi tenutesi nell’ufficio dell’avvocato Stefano Besani (anche lui ha patteggiato a due anni) e all’Haus Garden (il bar conosciuto come l’ambulatorio di Caianiello, dove il mullah riceveva politici e imprenditori e dirimeva questioni) ha commentato: «Oggi sappiamo che le questioni relative agli investimenti di una municipalizzata (Prealpi Servizi di cui Pedroni era manager) sostenuta quindi dai soldi di tutti i cittadini venivano discusse nello studio di un avvocato che nella società non aveva nulla a che fare e in un bar».

L’affaire Tigros

Sentito oggi in aula anche l’architetto gallaratese Pietro Minoli (estraneo all’inchiesta) accompagnato dall’amico Danilo Rivolta, ex sindaco di Lonate Pozzolo, arrestatol nel 2017 per corruzione. Dalle dichiarazioni di Rivolta partirono sia l’inchiesta Mensa dei poveri che quella condotta dalla Dda di Milano, Krimisa. Minoli, già citato dall’imprenditore Pier Tonetti in merito alla presunta mazzetta pagata per la realizzazione di un nuovo Tigros in via Cadore a Gallarate, ha dichiarato di aver saputo dall’ex assessore all’Urbanistica Alessandro Petrone che l’operazione della variante al Pgt era tagliata su misura per favorire l’affare immobiliare. Si torna in aula venerdì 28 ottobre con altri testi in attesa dell’esame degli imputati tra i quali l’ex eurodeputata azzurra Lara Comi e l’ex patron di Tigros Paolo Orrigoni.

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