Ristoratori in Regione. Savino: «Lasciati soli anche dalle nostre associazioni»

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MILANO – «Siamo alla resa dei conti e i prossimi mesi non promettono nulla di buono. O si trova una soluzione che ci permetta di tornare a lavorare o davvero molti locali non riapriranno più». C’era anche Gino Savino, noto gestore del ristorante pizzeria Capri di Busto Arsizio, a manifestare sotto il Pirellone questa mattina (martedì 9 marzo), insieme a un centinaio di ristoratori di tutta la Lombardia. «Ma ho partecipato senza rappresentare la mia categoria – dice Savino con tono polemico – e per questo c’è chi si deve fare qualche domanda. In questo anno di pandemia, lo dico con rammarico, siamo stati lasciati soli. Anche dalle nostre associazioni di categoria».

Siamo alla resa dei conti

Non si vede la luce in fondo al tunnel. Che poi sarebbe rappresentata dai vaccini. «Però inizia a crescere la disperazione e la paura tra i gestori dei locali pubblici», spiega Savino. Il quale insieme a una rappresentanza di manifestanti ha partecipato all’incontro con il nuovo assessore allo Sviluppo economico Guido Guidesi che li ha ricevuti. «Per lo meno ci hanno ascoltato e questa è una cosa positiva. Anche perché davvero siamo alla resa dei conti dopo un anno in cui c’è chi è riuscito a fare qualcosa, ma anche chi non ha praticamente mai aperto».

C’è pubblico esercizio e pubblico esercizio

«Io capisco che la situazione non sia semplice anche per chi deve prendere decisioni – continua Savino, che è anche fiduciario Ascom e membro del consiglio direttivo di Fipe – Tutti siamo “sotto il tetto” dei pubblici esercizi, ma le esigenze di un ristorante sono ben diverse da quelle dei bar. Chi ha potuto lavorare con l’asporto o, in alcuni momenti della pandemia, per il pranzo è riuscito in parte a limitare i danni. Ma c’è chi non ha mai alzato la serranda. Penso ai locali serali. Un vero disastro. Forse andrebbe rivisto il sistema delle categorie».

La spada di Damocle

Tasse da pagare e cassetti vuoti. «Senza contare gli investimenti fatti, i mutui accesi prima della pandemia. Ma anche i costi non previsti per chi ha riaperto per due giorni e poi ha dovuto richiudere. Con la strumentazione rimasta magari ferma per settimane e che al momento della ripartenza ha dato problemi. Insomma – conclude con amarezza Savino – non abbiamo lavorato, ma abbiamo pagato. E molti rischiano di pagare con la chiusura dell’attività. Per sempre».

La solitudine del ristoratore

Savino, dopo aver messo sul tavolo i temi affrontati durante l’incontro con l’assessore Guidesi, chiude con una riflessione intrisa di amarezza, ma che vuole essere anche da sprone: «A Milano, questa mattina, avrei voluto andare da rappresentante della mia associazione di categoria. Ma non è stato possibile. La mia proposta di aderire non è stata appoggiata. Sono deluso, perché ritengo sia importante in questo momento non sentirci soli e abbandonati. Anche per questo ho deciso di essere presente ugualmente per far sentire la mia voce che è quella di tanti ristoratori e baristi che davanti a questa situazione sono disperati e disorientati. Oggi più di ieri non c’è più tempo da perdere».

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